venerdì 31 agosto 2018

Mistero a Crooked House: un giallo d'altri tempi

Ho appena visto il film Mistero a Crooked House (Crooked House, 2017), invogliata in quanto tratto da un romanzo di Agatha Christie. Il romanzo in Italia ha il titolo E' un problema e purtroppo non l'ho ancora letto (ha scritto più di sessanta romanzi, me ne manca ancora qualcuno... ), quindi vi parlerò della mera trasposizione cinematografica.
Ambientato in un'Inghilterra post Seconda Guerra Mondiale, ha come protagonista il giovane detective privato Charles Hayward (Max Irons, The Host, Woman in Gold) che viene ingaggiato dalla sua ex fiamma Sophia Leonides (Stephanie Martini) per scoprire chi ha assassinato suo nonno, il ricco e potente Aristide Leonides. 
Charles indaga quindi tra i membri della famiglia Leonides, tra i quali si annidano odio, rabbia, invidia, accidia e tradimenti e non è facile capire chi ha commesso l'omicidio perché tutti avevano un movente. 
L'ambientazione creata ci porta indietro nel tempo, in quanto la maggior parte del film si svolge nella magione dei Leonides, un'enorme casa di campagna (possiamo dire un castello viste le dimensioni) dove risiedono tutti i membri della famiglia. L'ambiente ricreato è perfetto per un film tratto da un romanzo della regina del giallo: fuori dal tempo (se non fosse per la mancanza dei cellulari potrebbe svolgersi in un qualsiasi periodo) e ricco di mistero con tutte quelle stanze in penombra e quei personaggi che lo animano. 
La famiglia infatti è numerosa e comprende oltre alla già citata Sophia i suoi fratelli minori, Josephine (Honor Kneafsey, comparsa in due episodi di Sherlock, detective che cita durante le indagini) e Eustace (Preston Nyman), i suoi genitori l'attrice Magda (una bravissima Gillian Anderson, X Files, The Fall) e lo scrittore Philip (Julian Sands, Uomini che odiano le donne), gli zii Roger (Christian McKay, Me and Orson Welles, Rush) e Clemency (Amanda Abbington, Mary Watson in Sherlock), la giovane moglie del nonno Brenda (Christina Hendricks, Mad Men), il precettore dei ragazzi Laurence (John Heffernan), la sorella della prima moglie del patriarca Lady Edith de Haviland (Glenn Close, Attrazione fatale, La carica dei 101) e la tata Nanny (Jenny Galloway, Johnny English).
Già da questo nutrito cast si capisce che questo è un film corale; i personaggi sono ben approfonditi e iniziamo a conoscerne i caratteri e le inclinazioni fin dalle loro prime apparizioni. Senza svelarvi troppo di questo giallo vi dico solo che l'interpretazione di Glenn Close è sopra le righe: riesce a dare spessore alla sua Edith fin dalla sua prima inquadratura. Il fatto che guidi un'auto che ricorda quella di Crudelia De Mon fa sorridere e pensare alla sua capacità di interpretare personaggi così diversi con la medesima intensità. 
Altra parte ben riuscita è quella di Magda interpretata dalla Anderson: da attrice teatrale Magda recita ogni suo dialogo, enfatizzando espressioni, parole e movimenti e la Anderson la interpreta splendidamente, dandole uno spessore che va ben oltre la semplice recitazione delle battute. 
Mistero a Crooked House è un giallo in piena regola con personaggi che nascondono segreti, dove l'apparenza inganna e i sentimenti sono il motore delle azioni dei protagonisti.
Chissà perché mi ero persa la sua uscita al cinema, ma sono stata felice di aver visto questo film perché mi ha riportata con la mente ai vecchi film tratti dai romanzi di Agatha Christie.



giovedì 30 agosto 2018

Argo: come dimenticare il Batman di Ben Affleck


Tratto da un fatto realmente accaduto Argo di Ben Affleck racconta la storia dei sei americani fuggiti durante l'attacco all'ambasciata statunitense a Teheran e di come l'agente della CIA Tony Mendez li abbia liberati.
La straordinarietà di questa storia, che mi ha colpita molto, sta anche nel fatto che persone estranee alla CIA e alle operazioni di "estrazione" di civili e militari in paesi in guerra abbiano collaborato per salvare i sei americani, altrimenti destinate alla morte. Un esempio è il coinvolgimento di John Chambers, make up artist di Hollywood (Il pianeta delle scimmie, creatore delle orecchie a punta di Spock/Leonard Nimoy) che inscena la produzione del film di fantascienza Argo per dare la possibilità a Mendez di portare fuori dall'Iran i fuggitivi nascosti nell'ambasciata canadese in veste di troupe cinematografica.
Il film inizia con uno storyboard a disegni che racconta in breve la storia politica iraniana, dai tempi dell'impero persiano fino al 1979, anno della rivoluzione e della cosiddetta "Crisi degli ostaggi" con il rapimento dei 52 americani presenti nell'ambasciata a Teheran.
Gli storyboard ricorrono durante tutto il film: da narratori di verità iniziale diventano narratori di finzione con la rappresentazione della sceneggiatura di Argo (vengono prodotti e mostrati alle forze armate iraniane per avvalorare la tesi della troupe cinematografica) per tornare ad essere, alla fine del film, narratori di realtà. Infatti Mendez (Ben Affleck) tiene per sé uno dei disegni per regalarlo al figlio appassionato di fantascienza, che lo espone insieme alla sua collezione di action figure di Star Wars e Star Trek. Rappresenta ciò che ha fatto il padre e che non può rivelare e quanto sia stato reale Argo.
Affleck, a mio avviso migliore come regista che come attore (Daredevil, Pearl Harbour e il suo Batman della DC lo dimostrano), ha uno stile semplice e lineare che trasmette emozioni e tensione in ogni singola scena. I 120 minuti di durata della sua opera volano e ti tengono con lo sguardo incollato alle immagini.
Il suo personaggio, Tony Mendez, è il protagonista ma la sensazione guardando Argo è quella di un film corale dove i personaggi principali sono tutti quelli che vi recitano, a causa dei ruoli importanti che hanno avuto in questa faccenda.
Il cast vanta infatti diversi attori quali Alan Arkin (nomination come miglior attore non protagonista per la sua interpretazione del produttore Lester Siegel, visto in Comma 22, Gattaca), John Goodman (John Chambers, visto recentemente in Atomica Bionda), Victor Garber (l'ambasciatore canadese Ken Taylor, indimenticabile padre di Jennifer Garner in Alias), Clea DuVall (Cora Lijek, Heroes, American Horror Story, Veep), Tate Donovan (Bob Anders, ricordate il padre di Marissa Cooper in The O.C.?) per citarne alcuni.
Tolta la segretezza sull'operazione, la storia narrata in Argo è stata resa nota così come gli eroi che ne hanno preso parte e Ben Affleck ha potuto regalarci uno spaccato di verità toccante ed emozionante, che ha valso al film numerosi riconoscimenti, tra cui il premio Oscar come miglior film nel 2013, più che meritato, ritirato da Affleck, George Clooney e Grant Heslow, che ha collaborato con Clooney in Good Night and Good Luck come sceneggiatore e come regista in L'uomo che fissa le pecore.
Un film da vedere non solo per la regia delicata e introspettiva di Affleck, ma anche per venire a conoscenza di una parte di storia taciuta per decenni.




mercoledì 29 agosto 2018

Pacific Rim: spegni il cervello e basta.



Ciao a tutti, oggi vi voglio raccontare la mia esperienza di qualche anno fa all’anteprima (gratuita) del film Pacific Rim e di quanto (poco) abbia apprezzato questo film.
Mi ricordo che seduti nelle poltrone attendendo l’inizio del film ci è stato imposto di spegnere qualsiasi dispositivo elettronico, pena l'espulsione dalla sala. Il mio tacito commento mentale "ma secondo te 'sta roba la voglio registrare?!" mi ha ben predisposta alla visione di questo film, un collage di prevedibilità e di clichè che si susseguono fin dai primi minuti.
Capire chi sopravvive e chi muore è il primo passo, il secondo è capire chi si immolerà per l'umanità, il terzo è aspettare che termini la proiezione. Ci sono infatti: l'uomo di colore sacrificabile (ricordiamo tutti Scream, vero?), lo sbruffone che si redimerà (dopo le prime parole offensive verso il protagonista il mio "taci, che poi questo ti salverà la vita" si è rivelato vero), il padre fiero (Max Martini, di cui ho apprezzato la recitazione, che ha poi interpretato Taylor dei film 50 sfumature), la macchietta fine a se stessa (Ron Perlman alias Hannibal Chau, Hellboy), l'eroe (Charlie Hunnam, King Arthur, Sons of Anarchy) che può saltare convenevoli e primi appuntamenti perché sa già tutto del passato della bella di turno (Rinko Kikuchi, 47 Ronin) e può passare direttamente in seconda base sono solo i primi personaggi prevedibili che mi vengono in mente (il mio cervello mi ha chiesto “E ora che cosa faccio per le prossime due ore?!” la mia risposta è stata di mettersi quieto e di dormire).
L'americano medio ha apprezzato abbastanza questo film (ha incassato più di 101 milioni di euro), tanto che nel 2018 è uscito il sequel con John Boyega, star della nuova trilogia di Star Wars (ma ce n’era veramente bisogno? Di entrambi dico… n.d.M.). L’americano medio si rispecchia nel film anche quando il robottone del protagonista trascina una nave per Hong Kong e la usa come mazza da baseball: non può mancare un riferimento sportivo in un film come questo!
La recitazione lascia a desiderare e culmina con la scena finale in cui il volto del protagonista dovrebbe esprimere i suoi più profondi sentimenti che sono però del tutto assenti, come fossero scappati (cosa che avrei dovuto fare dalla sala...).
Le ovvietà e l'assenza di qualsiasi colpo di scena affossano Pacific Rim, omaggio ai film giapponesi con protagonisti i kaiju (mostri enormi come Godzilla) e agli anime e ai fumetti con i robottoni.
Peccato perché le potenzialità iniziali erano davvero tante: kaiju con gli effetti speciali dell'era digitale, robot enormi che richiamano gli anni '80 e il pubblico affezionato, la possibilità di avere una trama intricata e interessante. Tutto questo si è risolto solamente in effetti speciali stupefacenti ma fine a se stessi. Neppure la critica all'uomo che sta distruggendo il pianeta (per questo i kaiju sono tornati dopo millenni, perché le condizioni attuali permettono lori di vivere) non salva la trama, in quanto questo dettaglio è posto in maniera superficiale e non viene approfondito.
Insomma Guillermo del Toro che ha creato film quali Hellboy (con Perlman anch’esso), Il labirinto del fauno ha poi diretto e scritto Pacific Rim. Qualcosa non quadra…
Per concludere: per fortuna avevo vinto il biglietto e non l’avevo comprato!

Ma il trailer ve lo lascio comunque... ;)





martedì 28 agosto 2018

I tre moschettieri: un cast eccezionale per un gran film

La storia de I tre moschettieri di Alexandre Dumas è stata portata sugli schermi più e più volte (la prima dovrebbe essere stata quella italiana nel 1909), tanto che ormai la conosciamo tutti anche non avendo letto il libro (fatelo, è molto bello. n.d.M.). 
La versione di cui parliamo oggi è stata portata sugli schermi nel 1948 con Gene Kelly (Cantando sotto la pioggia, Un americano a Parigi) nel ruolo di D'Artagnan.
Ballerino fin da quando era piccolo, Kelly trasforma i duelli con i moschettieri e con gli uomini del Cardinale Richelieu in dei veri e propri balletti con un ritmo e una precisione tale da farci riconoscere subito la sua capacità di ottimo danzatore. Che sia un palo della luce o una fontana in un parco parigino non cambia: Kelly sta ballando, lo sta facendo bene e i nostri occhi sono incollati allo schermo per cogliere i suoi movimenti. 
Arrivato dalla Guascogna con il suo cavallo, il giovane irruento D'Artagnan ha come unico scopo quello di diventare un moschettiere del re ma a causa del suo carattere sanguigno incappa subito in tre duelli uno di seguito all'altro con i moschettieri più capaci di Parigi: Athos (Van Heflin, Quel treno per Yuma), Porthos (Gig Young, Il visone sulla pelle) e Aramis (Robert Coote, Starway to Heaven).
I quattro diventano poi amici e il giovane guascone viene accolto nei moschettieri e si innamora della bella Costanza (June Allyson, La figlia di Caino), che lo coinvolge nel nascondere la tresca tra la Regina Anna (una giovane e affascinante Angela Lansbury) e il Duca di Buckingham (John Sutton, Jane Eyre). A complicare le cose c'è il Cardinale Richelieu (un superbo Vincent Price, I dieci comandamenti)che insieme a Lady de Winter (una bravissima Lana Turner, Peyton Place, Il postino suona sempre due volte)cerca di rovesciare il regno di Luigi XIII (Frank Morgan, Il mago di Oz).
La prima parte del film scorre molto velocemente, fin troppo, tanto che si passa da un'inquadratura in Guascogna a una di Parigi in un secondo e il racconto è denso e pieno di fatti (il nostro protagonista e Costanza si innamorano al primo incontro). 
La seconda parte scorre invece più lentamente, sembra più adulta e introspettiva e approfondisce maggiormente i personaggi, in special modo quello di Athos. L'interpretazione a tratti comica e a tratti intensamente drammatica di Van Heflin oscura Gene Kelly, tanto che ci si commuove con il moschettiere per il suo amore tormentato e la sua vita di sofferenza. 
La regina Anna ha un ruolo marginale, ma la Lansbury la interpreta con sentimento. La donna che fa la padrona in questa pellicola però è Lady de Winter: tutti subiscono il suo fascino, anche il fedele D'Artagnan, e lei riesce ad ingannare tutti tranne una persona... Lana Turner fa qui un'interpretazione fantastica: la cattiva del film è il personaggio femminile più riuscito e la sua recitazione è intensa, in special modo quando è prigioniera nel castello di Buckingham.
Se pensiamo agli anni in cui è stato girato I tre moschettieri gli sfondi su tela non li notiamo quasi e apprezziamo molto la caratterizzazione degli ambienti e delle scene, in special modo gli inseguimenti a cavallo. Questi animali scendono dai dirupi e li risalgono, corrono al galoppo davanti alle macchine da presa con una maestria e precisione che è un vero spettacolo vederli. Il regista George Sidney ha esaltato al massimo questi animali e nelle scene in cui sono presenti sono i veri protagonisti.
Rivedere questo film senza gli effetti speciali cui siamo abituati ai nostri giorni mi ricorda che, seppur con una recitazione teatrale enfatizzata, si può far molto per rendere realistica una storia con dei bravi attori, delle belle location e tanto impegno.
Vedrete infatti D'Artagnan fare acrobazie, saltare in groppa al suo cavallo, scalare il palazzo reale a mani nude il tutto con un realismo pari a quello contemporaneo. L'importanza data ai personaggi e alla storia è fondamentale e non importa che l'Inghilterra sia identificata solamente dall'inquadratura del castello di Buckingham, conta quello che sta accadendo e si sta dicendo e questo lo fanno tutti molto bene.


lunedì 27 agosto 2018

Stoker: omicidi in famiglia


Ciao a tutti. Premetto che è il primo film del regista sud-coreano Chan-Wook Park (Oldboy, Lady Vendetta, Mr. Vendetta) che vedo. Lo specifico perché probabilmente quello che seguirà non piacerà ai fan dell'autore, che sicuramente lo capiscono più di me.
Ho deciso di vedere Stoker (2013) in quanto Nicole Kidman (Evelyn Stoker, The Hours, The Others, Moulin Rouge) e Mia Wasikowska (la figlia India Stoker, Alice nel paese delle meraviglie) mi sembravano una buona premessa per la riuscita di questo film. Ad oggi, qualche mese dopo averlo visto, non so ancora dire se mia sia piaciuto o meno.
ATTENZIONE SPOILER!
ATTENZIONE FILM CONSIGLIATO AI MAGGIORI DI 16 ANNI!
Stoker è una storia di morte, non solo per il coniuge di Evelyn e padre di India, cui lei era molto legata a differenza della moglie, ma anche per gli omicidi che avvengono durante il film.
La storia inizia con il funerale del sig. Stoker e la comparsa del suo misterioso fratello Charles (Matthew Goode, il secondo marito di Mary in Downtown Abbey; The Imitation Game), che mette scompiglio tra le donne di casa in quanto zio sconosciuto con un certo fascino.
Alla venuta di questo inaspettato parente si accompagnano inspiegabili sparizioni. Infatti sia la governante (di cui nessuno si preoccupa, cosa alquanto insolita nonostante la differenza di ceto sociale tra lei e le protagoniste) che la zia di Charles sono introvabili, ma alle due donne Stoker in questo momento difficile ci pensa lo zio, tanto da farle innamorare entrambe di lui.
Quando la vera natura di Charles si rivela (nulla di sovrannaturale come può ammiccare il titolo del film, ma "semplicemente" un omicida in apparenza senza cuore il cui unico obiettivo è scappare con India, di cui è maniacalmente innamorato) si scopre anche l'indole assassina insita nel DNA di India, che si è sviluppata andando a caccia col padre.
I personaggi sembrano statici nei loro comportamenti fino a che non vediamo emergere la loro vera natura: questa li fa uscire dalla precedente staticità apparente dando libero sfogo alle loro repressioni ed emozioni. Le due protagoniste riescono a portare in evidenza questa evoluzione in maniera molto naturale, dimostrandosi delle professioniste.
Gli impulsi sessuali repressi delle due donne Stoker verso il medesimo uomo rispecchiano la rinascita di tali sentimenti in Evelyn e la nascita degli stessi nella giovane India. La scena della sua masturbazione nella doccia dopo aver assassinato e sepolto in giardino un ragazzo aiutata dallo zio è chiaramente un segno dell'instabilità di India, che sente sempre di più la vicinanza dell'uomo che la gravità del fatto commesso.
Scoperto che Charles ha assassinato l'amato padre, India decide comunque di scappare con lui. Non si capisce se è la sua reale intenzione, in quanto alla fine salva la madre dalla morte uccidendo lo zio, scappando poi di casa da sola.
Le intenzioni del regista per me sono poco chiare; emergono pulsioni e sentimenti contrari alle regole sociali ma nulla di più profondo. Mi sarei aspettata un'analisi più approfondita della società e dei personaggi, ma o non era nelle sue intenzioni o forse è lo spettatore che deve decidere se farla o meno. Fatto sta che mi ha lasciata un po' dubbiosa.
Neanche il tema dei familiari "malati" con istinti omicidi viene approfondito, anzi è una delle cose che può passare o meno nella mente dello spettatore e nulla di più.
Mi ha lasciata scettica anche lo stile di regia. Alcune inquadrature sono bellissime e poetiche (ad esempio i fiori bianchi e rossi dei primi minuti del film, ripresi alla fine e mostrati per quello che sono, cioè dei fiori macchiati di sangue; le insistenti inquadrature delle scarpe di India, che mostrano il suo cambiamento e la sua crescita), mentre altre paiono inutili al fine narrativo.
Nonostante le buone interpretazioni dei protagonisti di questa storia non so dire se Stoker mi sia piaciuto o meno; è interessante e diverso dagli altri film del suo genere, ma gli manca quel qualcosa  per farmelo rivedere una seconda volta.




domenica 26 agosto 2018

Dirty Dancing: ormai è diventato un classico


Oggi vorrei parlarvi di un film che ha segnato gli anni '90, che é entrato nell'immaginario comune e che probabilmente ha fatto nascere la passione per la danza in varie adolescenti (o se non quella almeno la passione per Patrick Swayze). Sto parlando ovviamente di Dirty Dancing!
Questa pellicola, se negli anni '90 si era dei giovincelli pre-adolescenti, non la si poteva vedere perché già la traduzione italiana del titolo, usato come sottotitolo ("Balli Proibiti"), suscitava l'indignazione dei genitori e lo bollava come film per adulti. Sicuramente non è un film per bambini perché già dalle prime scene queste danze anticonformiste per l'epoca in cui è ambientato (inizio anni '60) rimandano ad atti sessuali.
Ma il vero protagonista del film non è tanto il ballo, quanto Johnny Castle alias Patrick Swayze. Infatti la regia lo sottolinea fin dalla sua prima entrata in scena: sguardi di invidia e ammirazione di camerieri e ballerini, sguardi incuriositi e un po' lascivi di Baby (Jennifer Grey), la folla danzante che gli lascia lo spazio centrale. Sono tutti chiari segni che è LUI la star.
Dopotutto come non renderlo così importante: Patrick era affascinante e un ballerino fenomenale, danzava fin da quando era giovane (sua madre era un'insegnante di danza) e se uniamo l'aura di cattivo ragazzo di Johnny il personaggio diventa indimenticabile.
Come si scopre nel film, Johnny è un ragazzo di strada che lotta per vivere e quando le donne gli cadono ai piedi e lo ricoprono di soldi per passare la notte con lui non sa come comportarsi perché si sente usato da loro ma sta ottenendo ciò che non aveva mai avuto prima (in qualsiasi altro film si sarebbe chiamato gigolò…).
Questa pellicola del 1987 di basso budget, con un unico attore famoso a contornare i giovani protagonisti (Jerry Orbach che interpreta il ricco medico padre di Baby, visto in molte serie tv quali Law & Order, La signora in giallo) ha lanciato Patrick Swayze nel firmamento di Hollywood perché poi sono arrivate pellicole come Ghost (1990), Point Break (1991 con un altro giovane attore, cioè Keanu Reeves), La città della gioia (1992).
La carriera della Grey dopo Dirty Dancing invece è rimasta per lo più televisiva, anche se questo ruolo le valse una nomination ai Golden Globe come migliore attrice.
La sua Baby è una giovane idealista che si scontra per la prima volta con il mondo reale: persone di una classe sociale ben diversa da quella cui appartiene, problematiche difficili come l'aborto, il sesso e le sue prime esperienze.
Riguardandolo per l’ennesima volta ho letto il nome di Kelly Bishop nei titoli di testa; il nome mi diceva qualcosa e infatti ho collegato la madre di Baby, giovane ed elegante, alla Emily Gilmore, la nonna della serie tv Una mamma per amica. Il suo personaggio ha la mentalità più aperta rispetto ad Emily, ma è veramente "di tappezzeria", ha pochissime battute e non è di grande utilità ai fini della storia. E' probabilmente l'incarnazione della moglie trofeo del ricco dottore, che vede come stanno le cose intorno a lei ma rimane al suo posto, come le convenzioni sociali impongono.
Famosa e degna di nota sicuramente più della trama, alquanto prevedibile, è la colonna sonora. Non parlo solo della canzone (I've had) The time of My Life, che vinse Golden Globe, Oscar e Grammy Award, ma di tutte le canzoni che accompagnano ogni scena del film. Ho ascoltato più e più volte la musicassetta della colonna sonora (ebbene sì, all'epoca in cui questo film uscì i cd non c'erano ancora!) e devo dire che a distanza di quasi 30 anni le canzoni scelte fanno parte integrante del film e delle diverse scene, accompagnandole alla perfezione.
Una chicca per le fan di Swayze, se non lo sapessero, è che la canzone She's like the Wind (quella dell'addio tra Johnny e Baby dopo che la loro proibita relazione è venuta alla luce) è cantata proprio da lui.
Per gli ometti costretti a vedere questo film dalle loro compagne, sappiate che potrete riscontrare piacevoli sorprese nella colonna sonora perché alcune musiche sono usate come soundtrack del gioco per pc Tropico (sì, è una misera scusa, ma dato che mi è stato fatto notare ci tenevo a dirvelo. N.d.M.).
Sicuramente Dirty Dancing non è quel capolavoro che va visto per la regia, la sceneggiatura o la fotografia, ma è un film che va guardato per quello che ha significato per l'epoca, perché è comunque migliore di altri film sul ballo, dove il contenuto è quasi pari a zero, e perché la storia romantica tra il cattivo ragazzo Johnny e l'ingenua Baby è ambientata in un periodo che, di lì a poco, avrebbe subito incredibili trasformazioni, che qui iniziano già a vedersi.



sabato 25 agosto 2018

Prendi i soldi e scappa: risate assicurate!


Cari lettori, oggi vi voglio parlare di uno dei film più divertenti che io abbia mai visto, cioè la seconda pellicola diretta da Woody Allen (di cui è anche sceneggiatore) che vi consiglio assolutamente di vedere: Prendi i soldi e scappa.
Questo gioiello è veramente spassoso: è costituito da continue battute e gag e consacra Allen come regista, scrittore e attore comico.
Prendi i soldi e scappa ci racconta la tragicomica storia di Virgil Starkwell (Woody Allen): sfortunato fin da bambino (un vero e proprio "sfigato"), tenta invano di farsi strada nel mondo del crimine. Il tutto ci viene raccontato attraverso un finto documentario con una voce fuori campo e interviste alle persone che lo hanno conosciuto.
Parlano di lui: i genitori mascherati da Groucho Marx per non farsi riconoscere (ma badate bene: i loro nomi sono detti chiaramente e sono anche scritti sullo schermo!); lo psichiatra della prigione; Louise, l'amore della vita di Virgil (interpretata da Janet Margolin) che nel corso del film diventerà sua moglie; un complice di un'evasione mancata e molti altri.
Comune denominatore delle interviste è l'incapacità cronica di Virgil di essere un criminale e la sua bontà di cuore; non concorda però il padre che lo offende sempre: "Fin da quando era piccolo dissi: Virgil è una carogna". Ha cercato inutilmente di insegnargli anche la religione cristiana a suon di botte, ma non ci è mai riuscito! Virgil resta fedele alla religione ebraica, come tutti i personaggi interpretati da Allen.
Numerosi sono i tentativi di Virgil di diventare un ladro e un rapinatore ma fallisce fin da piccolo, quando la sua mano rimane incastrata in un distributore di caramelle in uno dei primi furtarelli. La costanza e l'impegno non gli fanno onore, perché le sue imprese sono sempre più disastrose, man mano che passano gli anni.
Non vi voglio svelare troppe gag del film per non rovinarvi la visione ma le sue continue entrate e uscite dalla prigione sono veramente comiche, dalla sua battuta "Uscirò di qui, dovessi spendere tutta la vita per farlo!" all'intaglio di una pistola su di una saponetta.
Woody Allen è un artista controverso, a mio avviso piace oppure no, non c'è una via di mezzo (e lo penso anche di Quentin Tarantino), ma questa pellicola è un piccolo capolavoro che va visto.
Negli anni Allen ha spaziato in diversi generi, dal drammatico (Match Point, Vicky Cristina Barcelona) alla commedia (Scoop) ma a differenza delle altre sue regie (ad oggi mentre vi scrivo sono 55) e dei copioni scritti (79), qui tutto è comico sin dal primo momento della visione e le risate sono assicurate.
Ritengo che Prendi i soldi e scappa sia alla base di tutti i suoi film successivi, accomunati dal fatto che in quasi tutte le sue interpretazioni (48) Virgil fa sempre parte di lui: sfigato, timido, impacciato, un buono.
Fatemi sapere cosa ne pensate, sia del film che di Woody Allen!






venerdì 24 agosto 2018

Carnage: un capolavoro girato in un appartamento


Oggi vorrei parlare con voi di un capolavoro di Roman Polanski che mi ha affascinato moltissimo: Carnage.
Polanski (Chinatown, Frantic) con questo film si conferma ancora una volta un vero e proprio artista: non ha bisogno di effetti speciali da milioni di dollari, bastano lui, un set e un cast di attori eccezionali che non ti fanno staccare gli occhi dallo schermo.
L'intero film si svolge nell’appartamento dei coniugi Longstreet (Jodie Foster e John C. Reilly), che ospitano i signori Cowan (Kate Winslet e Christoph Waltz) per parlare e risolvere i problemi derivanti dalla lite violenta tra i rispettivi figli minorenni. Non per niente è tratto da una piece teatrale e lo si capisce subito, anche se non si ha l'impressione che lo spazio sia piccolo e ridotto, anzi.
Il realismo è impressionante: non solo la durata del film corrisponde a quella della realtà dei fatti ma tutto, dai personaggi alla fotografia, sono così realistici da sembrare veri e vicini a noi, come se i fatti avvenissero nell'appartamento a fianco al nostro.
L'interno dell'abitazione con luci e ombre derivanti da un'illuminazione realistica e veritiera ci fa sentire quasi a casa, mettendoci a nostro agio durante la visione.
L'arredamento è caloroso, proprio come i sentimenti che sembrano trasmettere i coniugi Longstreet inizialmente. Danno l'idea di una normalissima famiglia, dei classici vicini di casa gentili e disponibili, quelli che tutti vorremo avere. I libri d'arte sul tavolino vicino al divano sono un chiaro esempio del realismo e della normalità che inizialmente si percepisce.
Alla loro disponibilità si contrappone la gelida famiglia Cowan: carrieristi, freddi, perfetti nei loro abiti di alta sartoria sono distanti e distaccati dal figlio, specialmente il padre interpretato da un superbo Christoph Waltz, attore poliedrico che mi piace molto, a mio avviso uno dei migliori in circolazione che in base al personaggio che interpreta te lo fa amare (Django) oppure odiare (Bastardi senza gloria).
Kate Winset secondo me brilla in una delle sue migliori interpretazioni. L’ho apprezzata molto anche in Se mi lasci ti cancello, The Dressmaker – Il diavolo è tornato, Steve Jobs; in questi ultimi due interpreta due donne molto forti e indipendenti, che lottano per far valere le proprie idee.
John C. Reilly in Carnage si distacca dai ruoli leggeri cui siamo soliti vederlo (Guardiani della Galassia) e si dimostra un vero professionista.
Jodie Foster si conferma ancora una volta la grande attrice che conosciamo: dall’epoca di Taxi Driver ha iniziato a comparire in film più o meno impegnativi dove ha sempre dato il suo contributo. Basti pensare alla profonda Clarice de Il silenzio degli innocenti ma anche alla frivola e furba Annabelle di Maverick.
Il film è un puro e semplice dialogo tra questi quattro grandi protagonisti che sfocia in odio, rabbia e urla, mostrando le idiosincrasie, le manie, i difetti e i problemi di questi splendidi personaggi. Non si riesce a parteggiare per l'uno o per l'altro: in ciascuno si riconosce quel qualcosa di ognuno di noi e delle persone che ci stanno accanto quando subiscono un forte stress emotivo.
I dialoghi e i comportamenti denunciano le pressioni della società, il forte desiderio di affermazione sopra ogni cosa per dimostrarsi migliori degli altri nascondendo le difficoltà dietro un’apparenza perfetta, quando invece i problemi di lavoro che si insinuano nelle vite private rovinando le famiglie. Tutto questo rende Carnage il ritratto dell'uomo contemporaneo e della società in cui viviamo.
Senza entrare nel merito della vita privata di Roman Polanski perché stiamo parlando di una sua opera, vi consiglio vivamente di vedere questo film. La regia è ottima, invisibile, sembra spiare queste coppie isteriche da vicino ma lo fa con una delicatezza quasi per non farsi scoprire.



giovedì 23 agosto 2018

Transformers 4: l'era dell'estinzione (e del via ai reboot)


C'era proprio bisogno di un reboot della saga degli Autobot contro i Decepticon, con tutti i quesiti che ne derivano, ossia uno su tutti: che fine hanno fatto gli altri personaggi? A mio avviso no, ma evidentemente i produttori avevano bisogno di denaro sonante, di creare merchandising e forse, come fine ultimo, quello di far girare l'economia in un momento di crisi.
Così dopo aver convinto il regista Michael Bay che si rifiutava di fare un quarto capitolo (ha fatto poi anche il quinto e ne sono stati annunciati altri fino all’8), si è cercato un nuovo protagonista per sostituire il "vecchio" Samuel Witwicky (Shia LaBeouf) trovando Mark Wahlberg (Boogie Nights, Ted), che interpreta il meccanico/inventore fallito Cade Yeager. Yeager si metterà dalla parte degli Autobot, ora ricercati sulla Terra come dei criminali, sfidando anche le istituzioni al fianco della figlia Tessa (Nicola Peltz, la serie tv Bates Motel) e del suo ragazzo pilota di auto Shane (Jack Reynor, la serie tv Strange Angel).
Il film è ricco di citazioni e inizia proprio citando un altro incipit, quello di Star Wars Episodio IV Una nuova speranza: una nave spaziale che irrompe sulla scena scorrendo per la sua lunghezza. Un'altra citazione di Star Wars, questa volta da Episodio V, è la scena in cui i buoni fanno cadere il super cattivo alieno facendolo inciampare su dei cavi d'acciaio che lo avvolgono. Come dimenticare i ribelli che fanno cadere gli AT-AT sul pianeta ghiacciato di Hoth!
Altra citazione é la corsa in moto a Hong Kong di Joshua Joy (Stanley Tucci) e Sue Yueming (Bingbing Li, Meg alias Shark – Il primo squalo): ricorda molto quella di Pierce Brosnan e Michelle Yeoh ne Il domani non muore mai.
Infine abbiamo un chiarissimo rimando a Jurassic Park con la comparsa dei dinosauri (dei Transformers chiamati "barbari") a salvare i nostri eroi. Chiaramente non è solo un omaggio ma anche un modo per attirare pubblico anche se storicamente ci sembra assurdo. Ma riflettiamo insieme: i Transformers assumono le sembianze di ciò che hanno attorno e all'epoca preistorica non c'erano tante macchine da cui prender spunto, quindi dinosauri siano!
Due cose mi sono piaciute in questo film: le automobili in scena e gli effetti speciali, veramente degni di nota grazie alla ILM di George Lucas.
Non ci sono più le piccole Chevrolet un po' sfigate del terzo capitolo (si scoprirà la loro triste fine durante il film) ma una Lamborghini, un Optimus Prime/camion nuovo di zecca colorato e tirato a lucido e una fantastica Pagani Huayra rossa e nera spettacolare (se non le conoscete le Pagani sono autovetture di lusso fatte a mano il cui prezzo supera di molto il milione di euro).
Gli effetti speciali come dicevo sono fatti veramente bene: fortunatamente non l'ho visto in 3D al cinema e neppure successivamente in tv e ho potuto apprezzare i dettagli delle numerosissime scene di battaglia che sono le vere protagoniste del film. Infatti dopo un inizio un po' più lento ma apprezzato ai fini narritivi, il quarto capitolo della saga diventa un susseguirsi di esplosioni e battaglie che non sembrano avere fine.
A un certo punto mi sono domandata che cosa ci facesse Stanley Tucci sullo schermo (Il diavolo veste Prada, Hunger Games per citare due sue pellicole) ma in effetti la sua interpretazione spicca come sempre, dando quel qualcosa in più ad ogni film in cui ha recitato e tra quelle di Transformers 4 è sicuramente la migliore.
Questa volta "la bella" è ancora una volta interpretata da una bionda, Nicola Peltz, figlia del miliardario Nelson Peltz e della modella Claudia Heffner. La sua espressività é nettamente migliore rispetto alla bionda precedente, Rosie Huntington-Whiteley (Carlie), ma non possiamo parlare di grandi doti attoriali.
Sicuramente il suo personaggio è meno inutile di Carlie, ma i suoi vestiti rimangono troppo puliti nonostante si rotoli per terra e gliene capitino di tutti i colori (ma questo non è colpa sua, dobbiamo mettere in mezzo i costumisti...).
Altro giovane attore è Jack Reynor che interpreta Shane, il fidanzato maggiorenne della diciassettenne Tessa, utile nel film per le sue doti di pilota da corsa. E basta, perché quando Cade gli chiede aiuto lui glielo promette e subito dopo si arrende davanti ai nemici! Chissà perché poco dopo Yeager gli affidi sua figlia, forse dovremmo chiederlo agli sceneggiatori.
Parliamo ora delle due fazioni del film, nette e chiare fin dal principio (intendo la falsa cattiveria di Stanley Tucci).
I "cattivi" di questo film sono diversi: la CIA che attacca indistintamente sia Decepticon che Autobot per avere il "seme", la materia prima di cui sono fatti i Transformers, per creare dei super robot; Lockdown il cacciatore di taglie interstellare alla ricerca di Optimus Prime, che sembra indistruttibile; Galvatron, Transformer creato in laboratorio con i pezzi di Megatron (che quando si attiva al posto di urlare la sua vera identità urla il nome di Galvatron. Vedere il film per capire. N.d.M.); Stinger, la già citata Pagani Huayra rossa e nera.
La fazione dei buoni é composta da Cade, Tess, Shane e diversi Autobot: il già citato Optimus, il simpatico Bumblebee, un samurai giapponese con armatura, un guerrafondaio con bombe a mano, fucili e sigaro in bocca che spara a tutto ciò che si muove, un Autobot che sembra avere un impermeabile e ricorda Neo di Matrix in una scena in cui schiva delle pallottole. E non dimentichiamoci di Stanley Tucci.
Tutto questo condisce la nuova saga degli eroi della Hasbro.
Non aspettatevi nulla di eccezionale dal punto di vista di trama e contenuti e tanto meno coerenza (gli Autobot passano da eroi negli altri film a nemici pubblici, l'opinione dei terrestri sembra mutare velocemente così come si trasforma Bumblebee), ma dopotutto è un pop-corn movie di pregevole fattura tecnica a cui (purtroppo) ne seguiranno altri.



mercoledì 22 agosto 2018

Pomi d'ottone e manici di scopa: un'avventura magica


Oggi vorrei condividere con voi qualche pensiero su una pellicola (nel vero senso della parola!) di qualche anno fa, che mi fa sempre piacere rivedere: Pomi d'ottone e manici di scopa (Bedknobs and Broomsticks, del 1971).
Tratto dai libri di Mary Norton, questo film per famiglie della Disney narra di tre fratellini affidati alle cure di Miss Price (un'affascinante Angela Lansbury, indimenticabile scrittrice e investigatrice dilettante ne La signora in Giallo) durante la seconda guerra mondiale, nella campagna inglese lontana da Londra e dai bombardamenti della Germania di Hitler.
Miss Price però non è una signora qualunque in quanto è un'apprendista strega che segue il corso di corrispondenza del Professor Emelius Browne (David Tomlinson, Mary Poppins). Quando questi non invia a Miss Price l'ultima lezione con il più importante incantesimo, la signora non si perde d’animo e insieme ai ragazzi si reca a Londra alla ricerca del Professore grazie all'incantesimo di viaggio applicato a un letto. Qui scopre che Emelius Brown è solo un semplice illusionista e un truffatore, che si stupisce che le sue magie funzionino realmente. Da qui i cinque partiranno per una serie di avventure che coinvolgeranno animali parlanti e nazisti che sbarcano sulle coste inglesi.
Come per Mary Poppins (1964) anche qui c'è una commistione tra live action (attori in carne ed ossa) e animazione (l'sola di Naboombu con i suoi animali parlanti), a mio avviso molto ben riuscita.
Vediamo la Lansbury ballare e cantare splendidamente (nel doppiaggio italiano la voce cantata è quella di Gianna Spagnuolo, alias Julie Andrews in Mary Poppins e Tutti insieme appassionatamente) insieme agli altri protagonisti e ai pesci animati della laguna, vincendo la gara di ballo sottomarina.
Se come me siete abituati ad associare la Lansbury al suo personaggio più longevo, cioè Jessica Fletcher ne La signora in giallo (alias la portatrice di morte in ogni città che visita), ammirarla in queste vesti è divertente e ci ricorda che lei non è solo J.B. Fletcher, ma un'attrice poliedrica con lunga esperienza. Ricordiamo alcune sue interpretazioni: la Regina Anna ne I tre moschettieri del 1948, la Principessa Gwendolyn ne Il giullare del re del 1955, Miss Froy ne Il mistero della signora scomparsa del 1979, Miss Marple in Assassinio allo specchio del 1980, la voce della teiera Mrs. Potts ne La bella e la bestia del 1991, la zia March nella miniserie tv Piccole Donne del 2017. Una carriera di tutto rispetto iniziata nel 1944 e che continua ancora oggi all’età di novantatre anni.
Il coprotagonista come vi dicevo è interpretato da David Tomlinson e lo abbiamo visto anche in altri film Disney quali Mary Poppins (1964, interpretava Mr. Banks) e Un maggiolino tutto matto (1968). Anche lui canta e balla sulla scena e interagisce con le figure animate come se fossero reali accanto a lui. Non sembra esserci differenza nelle sue movenze accanto ai bambini o al re leone di Naboombu e ai giocatori di calcio.
Si vede la grande capacità attoriale di entrambi, in anni in cui condividere la scena con cartoon, personaggi aggiunti in post produzione e green screen non era all'ordine del giorno.
Le canzoni non sono molte e hanno motivetti così orecchiabili che vengono facilmente ricordate, così come gli incantesimi (mi è sempre rimasto in mente fin da piccola "Fermo lì. Abc. Per di qui. Per di lì.").
Anche se è per bambini questa pellicola risulta divertente e simpatica anche agli adulti, accontentando un pubblico più eterogeneo con dettagli e contenuti che non si ritrovano in altri film prodotti successivamente, che impoveriscono solamente la recitazione degli attori rendendoli mera tappezzeria per divertire i piccini (come ad esempio Stuart Little, 1999).
Se ancora non lo avete visto ve lo consiglio vivamente e se lo avete già visto riguardatelo!




martedì 21 agosto 2018

Inkheart - La leggenda di come annoiarsi



Inkheart - La leggenda di cuore d'inchiostro é tratto dall'omonimo libro di Cornelia Funke (primo di una trilogia) uscito nel 2003 e trasposto sul grande nel 2008.
Non ricordo bene i dettagli del primo libro, che ho letto diversi anni fa. Nonostante l’idea di partenza e la trama fossero interessanti, non ho una visione d’insieme completa in quanto non ho letto tutta la trilogia (non sono riuscita ad andare oltre le prime quaranta pagine del secondo volume). Ho atteso qualche anno per vedere questo film, con la speranza di farmi tornare la voglia di terminare la saga, ma non mi è tornata neppure dopo averlo visto.
In breve la trama: Mortimer, detto Mo (Brendan Fraser, La mummia, Viaggio al centro della Terra), é il padre di Meggie (Eliza Bennett, identico nome della protagonista di Jane Austen in Orgoglio e pregiudizio, che i genitori fossero dei fan? N.d.M., interprete della serie tv Sweet/Vicious) e lavora come rilegatore di libri. Ha trasmesso alla figlia l'amore per le storie e la lettura. Mo non legge mai ad alta voce poiché è un “Lingua di Fata”: se lo facesse porterebbe nel nostro mondo i personaggi del libro che stra leggendo, dandogli vita.
Il potere funziona però in due direzioni: se dal libro esce qualcuno, inevitabilmente qualcuno vi deve entrare. È così che è scomparsa sua moglie, la madre di Maggie (Sienna Guillory, Fortitude), finendo in Cuore d'inchiostro, libro che Mo cerca di trovare da anni senza riuscirci. Avrà a che fare con Capricorno, il cattivo di Inkheart (Andy Serkis, Il signore degli Anelli), che vuole sfruttare la capacità di Mo per i suoi loschi fini, e con Dita di Polvere (Paul Bettany, Visione nel Marvel Universe), che vuole invece rientrare nel libro per poter ritornare alla sua vita.
Nonostante il cast di tutto rispetto (il premio Oscar Helen Mirren, Paul Bettany, l'espressivo Andy Serkis alias Gollum de Il Signore degli Anelli) il film purtroppo non decolla. La recitazione manca di credibilità ed è enfatizzata in modo teatrale, cosa che rimarca il target del pubblico dei ragazzini, escludendo così gli adulti ma anche gli adolescenti.
I personaggi non prendono, sono piatti e stereotipati, nonostante ci sia un lavoro letterario dietro che solitamente facilita la resa cinematografica. Si salvano solo Dita di Polvere per l'incisività di Bettany e Capricorno per la mimica facciale di Serkis, ma nulla di memorabile.
Gli effetti speciali non sono degni di nota, mi hanno ricordato quelli di alcune serie tv (le prime stagioni di C'era una volta ad esempio), non certo di un film cinematografico con un budget ben diverso.
ATTENZIONE SPOILER
Inoltre mi sembra che alla fine del film ci sia stato un abuso del potere di “Lingua di Fata” di Meggie. La ragazzina infatti riesce a uccidere tutti i cattivi e riportare le numerosissime creature uscite dalle pagine dei libri, come ad esempio il minotauro, un unicorno, Raperonzolo, etc. (ma erano davvero così tante nell'opera originale???!!!), senza però dare qualcosa in cambio. La faccenda non quadra perché è in netto cntrasto con le basi poste all’inizio del film, altrimenti Mo non sarebbe rimasto solo a crescere Meggie.
FINE SPOILER
Un film per ragazzini dove il classico buonismo porta il lieto fine, stravolgendo le regole dell'universo creato per fini narrativi.
Sarebbe bastato seguire maggiormente il libro per dare un po' più di credibilità al film stesso, che va visto (se proprio ci tenete) senza troppe pretese.




domenica 19 agosto 2018

Come ti ammazzo il bodyguard: un altro esempio di titolo mal tradotto in italiano

Come ti ammazzo il bodyguard è l'ennesimo titolo tradotto in italiano che ti fa alzare il sopracciglio perché insieme al trailer è alquanto fuorviante. La colonna sonora che ha pubblicizzato il film è quella di Guardia del Corpo con Kevin Costner e Whitney Houston (che potete ascoltare cliccando sul link in fondo alla recensione) e non c'entra assolutamente nulla con il film, se non per il lavoro di bodyguard. 
The Hitman's Bodyguard (titolo originale) non è né un film romantico né un film comico alla stregua de La pallottola spuntata ma un film d'azione a tratti divertente e a tratti serio, con due attori protagonisti che insieme funzionano dalla prima all'ultima scena.
Ryan Reynolds (Deadpool, Woman in Gold) interpreta Michael Bryce, un bodyguard  che perde il suo status di guardia del corpo AAA per essere solo uno dei tanti, con grande frustrazione e rabbia.
Samuel L. Jackson (Pulp Fiction, Nick Fury del Marvel Universe) è invece Darius Kincaid, un killer a pagamento che ha ucciso più di duecentocinquanta persone, attualmente in carcere ma testimone chiave di un processo contro Vladislav Dukhovich (Gary Oldman, Dracula di Bram Stoker, La talpa), leader deposto della Bielorussia, accusato dal Tribunale de L'Aia di genocidio.
E' chiaro che Bryce verrà incaricato di portare Kincaid dall'Inghilterra ai Paesi Bassi e che i due si scontreranno fin dal primo momento. 
Maniaco del controllo e dell'ordine il primo, irruento e impulsivo il secondo, sono entrambi macchine da guerra che arriveranno ad aiutarsi a vicenda pur di arrivare a destinazione. 
Ma perchè Darius ci tiene così tanto a testimoniare? Solamente per l'accordo di liberare sua moglie Sonia (Salma Hayek, Dogma, Frida)? 
Chiaramente non è tutto come sembra, Darius non è il killer senza cuore che ci fanno pensare, tanto che impariamo a conoscerlo e ad addentrarci nella sua storia e nella sua personalità durante il film. Samuel Jackson oscura Ryan Reynolds e tutti gli altri attori in quanto emerge la sua forte personalità e la sua caratterizzazione del personaggio diventa magnetica.
Jackson è un attore molto prolifico (Imdb.com lo accredita in 181 interpretazioni) che negli anni non solo è riuscito a dare spessore a personaggi anche marginali nei film in cui ha recitato, ma è riuscito a differenziarli e a dar loro un forte spessore. Pensiamo al maggiordomo in Django Unchained o al Valentine di Kingsman: due personaggi nettamente diversi ma ugualmente magnetici e interessanti.
The Hitman's Bodyguard è girato bene, con sequenze di inseguimenti in auto ritmate e realistiche: a differenza di altri film qui le macchine si distruggono, perdono cofani e paraurti e, come i protagonisti, si sporcano! Finalmente quel realismo che mancava a certi film patinati, è un ritorno a pellicole come Die Hard dove John McLane (Bruce Willis) partiva bello pulito e finiva con una canottiera che di bianco aveva solo il ricordo!
Non adatto ai bambini per il linguaggio ripetutamente scurrile e per qualche scena di violenza (ma si vede ben di peggio in molte serie tv), The Hitman's Bodyguard vi può far passare una serata divertente grazie a un cast di tutto rispetto, facendovi desiderare magari anche un sequel (SPOILER: è già annunciato, rumors dicono che Samuel L. Jackson sarà nel cast!).



sabato 18 agosto 2018

Il lato positivo

Il lato positivo, tratto dal romanzo L'orlo argenteo delle nuvole di Matthew Quick, è una finestra sulla vita, sulla ricostruzione di se stessi dopo un fallimento in un periodo contemporaneo di forte crisi economica.
Il protagonista Pat Solitano (Bradley Cooper, Una notte da leoni, American Hustle) è un uomo inquieto, affetto da sindrome bipolare che ha perso tutto (casa, moglie, lavoro) a causa di un'esplosione di rabbia quando ha scoperto la moglie Nikki (Brea Bee) che lo tradiva con un collega insegnante. Rinchiuso in una clinica psichiatrica per la riabilitazione dopo aver quasi ucciso di botte l'amante dell'amore della sua vita, ha come unico obiettivo quello di riavvicinarsi a Nikki, migliorando se stesso.
Ma il tornare a vivere con i genitori non è semplice e gli scontri sono all'ordine del giorno. 
Il padre Pat Sr. (il grande Robert De Niro) è un tifoso superstizioso degli Eagle e uno scommettitore incallito che ha perso il lavoro e si è improvvisato allibratore, stesso lavoro del suo amico Ronnie (John Ortiz, American Gangster), che è onnipresente in casa Solitano. 
La moglie Dolores (Jacki Weaver, Stoker) è inerme davanti ai comportamenti del marito e sembra non far nulla per migliorare le cose.
Un amico presenta a Pat la cognata Tiffany (Jennifer Lawrence, Hunger Games, Joy) giovane rimasta vedova da poco per la morte del marito poliziotto, anche lei alla deriva per la sua scontrosità, per i suoi comportamenti libertini e per il suo essere stata una "troia", come lei stessa si definisce, quando è caduta in depressione per la sua perdita.
I due si scontrano subito ma sono attratti l'uno dall'altra: essere ai margini, con familiari che si vergognano di loro e una vita distrutta fa sì che si avvicinino. 
Pat vuole che Tiffany dia una lettera a Nikki, amica della sorella, e Tiffany in cambio gli chiede di ballare con lui durante una competizione, non per vincerla ma per partecipare (fa parte del suo programma di riabilitazione). 
Da qui inizia una collaborazione, un rapporto che non ha a che fare con il sesso bensì con le emozioni, con l'ottimismo nel cercare quel lato positivo delle cose per tirare avanti e ricominciare a vivere.
Ci tengo a sottolineare che Il lato positivo non è un film sul ballo, è un film sulla vita, quella vera con i suoi alti e bassi, con i suoi enormi casini, con le emozioni e i sentimenti che ti colgono quando meno te l'aspetti.
Non è un film "leggero": la tematica è seria, si vedono vari lati della società, le sue ipocrisie e i diversi problemi; proprio per questo però si apprezza l'ottimismo di Pat, la voglia di ricominciare e di ricostruire se stessi, cercando quei segnali positivi che la vita ci offre.
Man mano che il film va avanti l'ho apprezzato sempre di più. I due protagonisti sull'onda del successo non sono semplicemente carini, di bell'aspetto: sono anche bravi! Cooper e la Lawrence commuovono e trasmettono emozioni; guardandoli interpretare Pat e Tiffany partecipiamo al loro dolore e facciamo il tifo per loro, perché si riprendano e possano trovare il loro posto nella società (e ovviamente anche perché si scoprano innamorati, nonostante il persistente fantasma di Nikki che aleggia su entrambi).
I due attori protagonisti dopo Il lato positivo hanno lavorato insieme anche in American Hustle e Joy. La chimica che c'è tra i due è evidente, sono una coppia ottima sullo schermo.
E' un film che vi consiglio di vedere senza pregiudizi, con la mente aperta a conoscere quelle persone che, come i due protagonisti, si sono trovati in difficoltà ma vogliono ricominciare.