Una serie tv prodotta dalla BBC è una garanzia di qualità e successo ormai e The War of the Worlds non è un'eccezione. Trasmessa in Italia sul canale La F e disponibile su Sky on Demand, la serie è tratta dall'omonimo libro di H.G. Wells, proprio quel libro dal quale Orson Welles nel 1938 trasse la sua trasmissione radiofonica che seminò il panico negli Stati Uniti. Il pubblico infatti credette alle parole di Welles e pensò che stesse avvenendo un'invasione aliena. Composta di tre episodi, la serie è un piccolo gioiello fatto di inquadrature che parlano allo spettatore, tanto da trasmettere emozioni e sentimenti. I dialoghi ci sono ma non sono preponderanti: la paura, l'inquietudine, la solitudine sono i veri protagonisti della scena. Non c'è molto da dire quando delle macchine aliene invadono il tuo pianeta uccidendo gli esseri umani. Bisogna farsi furbi, combattere, dare ascolto all'istinto di sopravvivenza e scappare. La giovane coppia attraverso la quale ci viene raccontata la vicenda è composta dal giornalista George (Rafe Spall, Men in Black: International) e dalla compagna
Amy (Eleanor Tomlinson, Poldark). I due non sono sposati, George ha lasciato la moglie per lei e si sono trasferiti in un paesino inglese, dove fanno subito amicizia con lo scienziato Ogilvy (Robert Carlyle, Once Upon a Time, Full Monty), che sta osservando dei cambiamenti su Marte. Siamo nel secolo scorso, in un'Inghilterra rigida di regole che verranno spazzate via dalla guerra. Tra passato e presente, tra il mondo come lo conosciamo e il mondo post apocalittico che ritroviamo dopo l'invasione, tra luce e cielo coperto, la serie si sviluppa e tiene incollati allo schermo gli spettatori. Per chi ha già letto il libro o visto i film tratti da esso la conclusione potrebbe essere ovvia, ma è il come ci viene raccontata questa storia a prenderci e a farci riflettere. A breve sarà trasmessa sempre su Sky un'altra la serie tv tratta dal libro di Wells con Gabriel Byrne (I soliti sospetti) ed Elizabeth McGovern (Downton Abbey), ma sarà difficile che risulti pari a questa serie della BBC.
Dopo aver visto tutta la serie di Downton Abbey (2010-2015) in tre settimane un anno fa, l'idea di un film conclusivo mi allettava parecchio.
Poi però ho iniziato a pensare: Julian Fellowes ci ha devastati tutti con la morte di Sybil (Jessica Brown Findlay, Storia d'inverno) e di Matthew Crawley (Dan Stevens, Legion), cosa avrebbe potuto fare in un film? Quanto avrei sofferto?
Ma vedere il trailer mi ha convinta che ne avevo bisogno, non si poteva fare a meno di Downton Abbey il film. Così con coraggio mi sono seduta al cinema e ho atteso con trepidazione di vederlo.
L'incipit è molto bello: un crescendo di immagini e musica fino ad arrivare alla tanto attesa e amata sigla della serie, che subito ti riporta in quel mondo conosciuto.
Ritroviamo con piacere ed emozione la casa che tanto adoriamo, Downton Abbey, abitata dalla famiglia Crawley e dalla servitù. La vita va avanti come sempre, fino a che non giunge una lettera che annuncia che il Re Giorgio V (Simon
Jones, Guida galattica per autostoppisti) e la Regina Mary (Geraldine James, Sherlock Holmes) soggiorneranno a Downton per un giorno e una notte durante il loro viaggio nell'Inghilterra. Questo genera un grande scompiglio e tanto lavoro per tutti gli abitanti della casa, per far sì che quel giorno sia perfetto. Ma lo staff del Re prende le redini del gioco, mettendo in panchina i nostri amati domestici. I collaboratori reali però non sanno che la loro controparte di Downton sono dei guerrieri e non immaginano minimamente quanto combatteranno per servire loro le Sue Maestà durante la cena.
Per degli ospiti così importanti viene spodestato il maggiordomo Barrow (Robert James-Collier, Coronation Street, Ackley Bridge) e viene richiamato dalla pensione il vecchio Carson (Jim Carter, Transformers - L'ultimo cavaliere, Knightfall) che esaudisce il deisderio della sua pupilla Lady Mary (Michelle Dockery, Godless, Good Behavior).
Nel frattempo un Tom Branson più longilineo delle ultime due stagioni (Allen Leech, Bohemian Rapsody, Bellevue) è diventato meno impulsivo e pronto ad amare nuovamente, infatti si prende una cotta per Lucy Smith (Tuppence Middleton, Edison - L'uomo che illuminò il mondo, War & Peace) la cameriera di Lady Bagshow (Imelda Staunton, Harry Potter e l'Ordine della Fenice, A Confession).
Tra amori passati e futuri, pro monarchici e non, famiglie reali, aristocratiche e non, scorrono veloci queste due ore, immersi in scene e inquadrature poetiche. Il regista Michael Engler (esperto di serie tv quali Downton Abbey, Sex & the City, Six Feet Under) ci regala una regia non invasiva, nascosta, delicata con inquadrature e scene che parlano da sole, immagini che ci immergono nell'Inghilterra degli anni '20 non facendoci distrarre da nulla.
Julian Fellowes, anche se ci fa scendere qualche lacrimuccia, non ci devasta l'anima come nella serie tv e ci offre uno sguardo su questi personaggi che tanto abbiamo amato. Personaggi a tutto tondo, realistici, ognuno con la propria identità. La sua bravura è proprio questa: creare storie e personaggi veri, vicini a noi tanto da farceli amare e farci soffrire quando qualcuno di questi esce di scena.
Fellowes ci fa ridere, piangere, emozionare come pochi al giorno d'oggi sanno fare. Attendo con ansia la serie tv Belgravia (2020), tratta dal suo omonimo romanzo, che so già che potrebbe prendermi al pari di Downton.
In Belgravia però non ci sarà una Lady Violet Crawley (Maggie Smith, i film di Harry Potter, Assassinio sull'Orient Express): lei è il mio personaggio preferito perché dice sempre quello che pensa, è diretta ed elegante, è l'aristocrazia del secolo precedente che mantiene la dignità e i valori dei suoi antenati ma che prima di tutto mette la sua famiglia, che ama incondizionatamente.
Maggie Smith è una delle attrici viventi migliori, l'attrice inglese per antonomasia che in questo cast eccelle ed emerge anche solamente comparendo sulla scena. Le sue battute al vetriolo sono magnifiche, Downton Abbey senza di lei non sarebbe stato lo stesso. E' l'anima di Downton e della famiglia Crawley.
Al contrario l'inutilità del personaggio di Henry Talbot (Matthew Goode, Stoker) è più che confermata: arriva alla fine del film per il gran ballo reale ma sarebbe anche potuto non esserci. Lady Mary è autonoma, ha una vita e degli obiettivi che porta avanti da sè e che Talbot ci sia o meno sarebbe pressapoco indifferente.
Si confermano con poca spina dorsale anche i personaggi di Lady Edith (Laura Carmichael più in forma che mai, The Spanish Princess) e il marito Bertie (Harry Hadden-Paton, The Crown), in linea però con il buonismo e la disponibilità che hanno sempre dimostrato i loro personaggi. Se non fosse per Lady Cora (Elizabeth McGovern, War of the Worlds)...
Altro non vi voglio rivelare, se non che il film mi è piaciuto molto e che mi ha fatto venire voglia di rivedere l'intera serie tv. Vi lascio il trailer qui sotto. Buona visione.
Oggi 21 ottobre sarebbe stato il sessantatreesimo compleanno di Carrie Fisher. Carrie è nata in California nel 1956 ed è figlia d'arte: il padre è l'attore e cantante Eddie Fisher e la madre è l'attrice Debbie Reynolds (Cantando sotto la pioggia, Tammy fiore selvaggio). Fisher e la Reynolds erano conosciuti come "i fidanzatini d'America" e fu un vero scandalo quando lui lasciò la moglie per Elizabeth Taylor, amica della madre. La cosa ha sempre fatto soffrire Carrie, come lei stessa afferma nel suo libro I diari della principessa. Abituata al mondo del cinema fin da bambina, il suo primo ruolo è nel film Shampoo (1975) con Warren Beatty, ma è nel 1977 che gira il film che l'ha resa famosa:Star Wars. Con i successivi L'impero colpisce ancora (1980) e Il ritorno
dello Jedi (1983) la sua Principessa Leia Organaè diventata iconica, tanto da non staccarsi mai da quel ruolo nell'immaginario comune. Durante questi film ha avuto una relazione con il suo compagno sullo schermo, Harrison Ford (Han Solo nella saga di Star Wars), più grande di lei di quattordici anni e sposato. Ford è stato l'unico tra gli interpreti principali della saga ad avere una carriera intensa nel mondo del cinema, recitando in circa un'ottantina di pellicole. Carrie ha interpretato anche l'ex fidanzata di Joliet Jake Blues in The Blues Brothers e recitato in altri film quali Hannah e le sue sorelle di Woody Allen, Harry, ti presento Sally e altri piccoli ruoli quali quello di un medico in Fanboys, film dedicato al mondo di Star Wars. Affetta da sindrome bipolare, con problemi familiari ed economici, è stata sposata due volte: la prima con il cantante e compositore Paul Simon (quel Paul Simon, che con Art Garfunkel ha composto The Sounds of Silence) e la seconda con Bryan Lourd. Da questo matrimonio è nata Billie Lourd, la figlia che ha seguito le orme della madre diventando un'attrice. L'abbiamo vista recitare insieme alla madre nei nuovi episodi di Star Wars (VII, VIII e sarà anche nel IX), in Scream Queens, American Horror Story e nell'ultima stagione di Will & Grace, serie tv in cui ha recitato anche la nonna Debbie nel ruolo della mamma di Grace Adler (Debra Messing). Carrie è morta da quasi tre anni: il 23 dicembre 2016 ha avuto un infarto durante un volo ed è venuta a mancare pochi giorni dopo, il 27 dicembre. Il dolore di Debbie Reynolds per la perdita della sua adorata figlia è stato insopportabile, tanto che è morta il giorno dopo. Gli amici si sono stretti attorno a Billie e i fan hanno pianto la loro amata principessa, omaggiata in Episodio VIII e anche alla notte degli Oscar 2017. Ripensare alla sua vita, ai momenti tristi descritti ne I diari della principessa ma anche a quelli felici, mi fa pensare che a chi c'era dietro l'immagine, l'icona, il simbolo. Una donna poco compresa e forse un po' sola, fagocitata in un mondo come quello del cinema che non ha pietà, ma con tanta voglia di vivere e un'energia che ha trasmesso alla figlia, con la quale era molto legata. Forse il cinema che l'ha resa un'icona avrebbe potuto darle di più. Quel rapporto di amore e odio con il personaggio che l'ha resa celebre è durato tutta la vita, ma Carrie sapeva benissimo chi sarebbe stata senza Leia: semplicemente se stessa. Buon compleanno Carrie.
Nel giorno del compleanno di Angela Lansbury vi verrà sicuramente in mente il ruolo che l'ha resa celebre, ossia Jessica Fletcher, la scrittrice che si diletta a risolvere omicidi in giro per il mondo nella serie tv La signora in giallo (Murder, She Wrote). Ma chi è Angela Lansbury? La signora Lansbury è nata a Londra nel 1925 e si è trasferita negli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale. Si è sposata due volte, la seconda con l'attore e produttore Peter Shaw, con il quale ha avuto due figli. E' sui grandi schermi dal 1944, anno in cui recita nel suo primo film Angoscia di George Cuckor (Scandalo a Filadelfia, My Fair Lady), con protagonista Ingrid Bergman (Io ti salverò, Assassinio sull'Orient Express). Da lì inizia la sua carriera hollywoodiana, che la vedrà protagonista di diversi film tra i quali I tre moschettieri (1948) nel ruolo della Regina Anna. Inizia anche a interpretare dei ruoli in serie tv ma è del 1971 uno dei ruoli che l'ha resa famosa anche in Italia: la maga dilettante Miss Price in Pomi d'ottone e manici di scopa. In questo film, dove l'animazione si mescola con i personaggi in carne ed ossa, la vediamo cantare, danzare, lanciare incantesimi insieme al truffatore Emelius Brown, interpretato da David Tomlinson, noto per diversi ruoli in film della Disney quali Mary Poppins. La Lansbury interpreta anche diversi gialli, tra i quali Assassinio allo specchio (1980) di Agatha Christie, dove interpreta Miss Jane Marple, ruolo che l'avvicina a quello della Fletcher. La serie La signora in giallo inizia quattro anni più tardi, continuando fino al 1996, con diversi film tv successivi. Sicuramente il ruolo di J.B. Fletcher (sapete tutti che la "B" sta per Beatrice?) l'ha portata nelle case di tutti noi, tanto che la serie viene ancora trasmessa con notevole successo. L'investigatrice dilettante, che risolve i crimini più efferati non solo nella sua Cabot Cove nel Maine ma in tutto il mondo, ha appassionato milioni di telespettatori, tanto da farne ben 12 stagioni (per un totale di 264 episodi). Molti attori famosi e futuri nomi di cinema e tv vi hanno recitato, tra i quali dei giovani George Clooney (Syriana, Le idi di marzo), Neil Patrick Harris (How I Met Your Mother), Julianna Margulies (E.R., The Hot Zone), Megan Mullally (Karen di Will & Grace). Tra personaggi fissi della serie e nuove apparizioni, Jessica ha amici in tutto il mondo e ovunque vada ci sono degli omicidi che solo lei riesce a scoprire.
La Lansbury ha continuato a lavorare per il teatro, la televisione e il cinema, regalandoci personaggi di spessore che hanno dato qualcosa in più alle storie raccontate. Basti pensare alla teiera Mrs. Potts de La bella e la bestia (1991), alla zia Adelaide in Tata Matilda (2005) o alla zia March nell'ultimo adattamento televisivo di Piccole Donne (2017). All'età di 94 anni la Lansbury è ancora un'attrice prolifica e ammettiamolo quando ci capita di vedere La signora in giallo in televisione, anche se sappiamo a memoria l'episodio, ci fermiamo inevitabilmente a guardarlo!
C'era una volta a ...
Hollywood di Quentin Tarantino lo si può definire come una dichiarazione
d’amore al cinema.
Il
vero protagonista non è Leonardo di Caprio, né Brad Pitt né tanto meno Margot
Robbie: è il cinema stesso e i coprotagonisti che compaiono sullo schermo
rappresentano uno spaccato di vita che ha avuto a che fare con il mondo del
cinema nel 1969.
In
una Hollywood dove film e serie tv sono in continua produzione Rick Dalton
(Leonardo di Caprio, Inception, The Wolf of Wall Street) è un
attore di western la cui carriera è in declino. E' sempre accompagnato dallo
stuntman Cliff Booth (Brad Pitt, Bastardi senza gloria, la
trilogia Ocean), sua controfigura e unico amico.
E’
molto ironico il fatto che tra i due sia Pitt a essere la controfigura: negli
anni '90-'00 si diceva che di Caprio assomigliava a Pitt, non il contrario!
I vicini di casa di Dalton sono i coniugi
Polanski, il regista Roman (Rafal Zawierucha) e la giovane moglie Sharon Tate
(Margot Robbie, The Wolf of
Wall Street). Sharon sta vivendo il sogno di
molti: giovane, bella, sposata con un regista famoso, circondata da amici, con
una carriera nel mondo del cinema che sta decollando. La sua felicità è
contagiosa e sembra che la macchina cinematografica non abbia scalfito la sua
innocenza.
Intorno a questi personaggi ruota
tutta la Hollywood dello spettacolo e Tarantino ci regala dei camei a tanti nomi
dell’epoca portandoli sullo schermo, quali Steve McQueen (Damian Lewis, Homeland), Jay
Sebring (Emilie Hirsh, Into the Wild), Bruce Lee (Mike Moh, Inhumans,
Empire), Marvin Schwarz (Al Pacino, Il padrino).
Dagli omaggi ai personaggi dello
spettacolo passiamo poi alla cruda rappresentazione della Family di Charles Manson. Manson non viene mai chiamato con il suo
vero nome sullo schermo, bensì sempre Charlie (interpretato da Damon
Herriman). Compare solamente in due scene, quando si introduce nella proprietà
dei Polanski, un avvertimento a quello che succederà in seguito.
La sua famiglia di hippie viene a
contatto con i nostri personaggi quando Cliff dà un passaggio a Pussycat (Margaret
Qualley, figlia di Andy –Quattro matrimoni e un funerale– McDowell) allo
Spahn Ranch. Realtà e finzione si mescolano anche qui perché questi hippie
hanno imbrogliato George Spahn (Bruce Dern, The Hateful Height) e vivono
alle sue spalle. Incontriamo Tex (Austin Butler, The
Shannara Chronicles), Squeaky (Dakota
Fennings, Eclipse, Braking Down), Katie (Madisen
Beaty), Sadie (Mikey Madison), Flowerchild (Maya Hawke, Strangers
Things, Piccole donne). Saranno proprio Charles "Tex" Watson, Susan “Sadie”
Atkins, Patricia Dianne “Katie” Krenwinkel e Linda Kasabian a uccidere violentemente
una Sharon Tate in stato avanzato di gravidanza e i suoi amici nella notte del
9 agosto 1969, su ordine di Charles Manson.
Fin dalla prima apparizione di
Margot Robbie sullo schermo sappiamo a cosa condurrà il film e tutti gli eventi
che si concatenano portano a quella tragica notte.
L’interpretazione della Robbie è
tanto intensa quanto delicata e innocente. La sua Tate che si riguarda sul
grande schermo e si diverte a vedere le reazioni del pubblico è di una purezza
strabiliante. E’ riuscita a interpretare una pasticciona e a far ridere il
pubblico (inThe Wrecking Crew, 1969),
assaporando le loro risate e riguardandosi con quello sguardo innocente dello
spettatore cinematografico. Un momento di un’intensità strabiliante quanto lo è
la sua semplicità.
La Tate di C’era una volta a… Hollywood rappresenta la magia del cinema e il
suo potere di rappresentare una favola. Così fa anche Tarantino, che non solo
la riporta in vita, ma le dona un futuro, una seconda vita nel finale del film.
I seguaci di Manson infatti non si recano direttamente dalla Tate ma passano
prima da casa di Dalton, dove trovano un’accoglienza diversa da quella che si
aspettavano. Qui parte anche un’altra firma di Tarantino, la classica scena di
violenza pulp/comica che aspettavamo. Fortunatamente non avviene come nella
realtà e i membri della Family rimangono vittima della loro stessa follia.
Un finale dolce-amaro che ci ricorda il titolo: “C’era
una volta”.
Del cast fanno anche parte Luke Perry nella sua ultima
interpretazione prima di morire (Beverly Hills 90210, Riverdale), Rebecca Gayhearth (Beverly Hills 90210), Kurt Russell (The Hateful Eight, Guardiani dellagalassia vol. 2), l’immancabile Michael Madsen (Le iene, Kill Bill, The Hateful Eight).
Un film bellissimo, fatto di attori di prim’ordine,
inquadrature perfette che ti riportano indietro nel tempo, scene costruite alla
perfezione, una fotografia calda e realistica il tutto accompagnato da musiche
scelte con suprema maestria. Un Tarantino sopra le righe, che ci riporta
indietro nel tempo e ci fa vivere quello spaccato di tempo che fu Hollywood nel
1969.