lunedì 25 marzo 2019

La verità sul caso Harry Quebert: dal libro al film

Immagine da Comingsoon
La verità sul caso Harry Quebert è il libro che ha consacrato Joël Dicker tra gli scrittori di fama mondiale. Ha venduto milioni di copie e ha tenuto incollati i suoi lettori alle pagine grazie alla trama coinvolgente e per nulla scontata e alla sua scrittura fluida e travolgente.
Renderlo su grande schermo sarebbe stato difficile senza snaturare la trama intricata e i molteplici personaggi. Trasformarlo in una serie tv di 10 episodi è stata la scelta vincente: si è dato il giusto spazio ai personaggi, capendone indole e carattere, non si è trasformata e semplificata la trama per adattarlo alle due ore di un film, come già visto con altri romanzi. Si è dato il giusto spazio ad ogni cosa, valorizzando il libro alla base della sceneggiatura.
Non avrei sopportato di vederlo ridotto e stravolto, dopo aver amato così tanto questo libro. Unica grossa differenza riscontrata e non capita è il voler cambiare nome alla cittadina di Aurora, dove si svolge la storia, trasformandola in Sommerdale.
La trama narra di come il giovane e famoso scrittore Marcus Goldman indaghi per riabilitare il nome dell'amico e mentore Harry Quebert, suo professore universitario accusato dell'omicidio della quindicenne Nora Kellergan, avvenuto trentatré anni prima.
Tra passato e presente Marcus inizia a conoscere un lato di Harry rimasto nascosto; inizia a dubitare dell'amico e si addentrarsi nell'amore travolgente che lo ha portato ad avere una relazione con Nora, nonostante avesse più del doppio dei suoi anni.
La genialità di Dicker sta anche nell'aver scritto più di un libro all'interno de La verità sul caso Harry Quebert: il libro stesso, Le origini del male di Harry Quebert, (citato con pezzi di brani e lettere), I gabbiani di Aurora di Luther Caleb, il libro inchiesta di Marcus. Una mente che ha creato dei libri all'interno della sua stessa opera, dei personaggi delineati perfettamente con carattere e sentimenti propri, una trama che si incastra alla perfezione in ogni sua parte, una scrittura semplice e scorrevole che ti travolge in modo tale che non riesci a interrompere la lettura: Joël Dicker è in assoluto lo scrittore contemporaneo migliore del momento, che spero ci darà molti altri libri oltre a quelli già pubblicati.
Il proffessor Quebert è interpretato da Patrick Dempsey (Grey's Anatomy, Transformers 3), invecchiato quando la scena si svolge nel presente (2008); con un po' di fantasia nel passato Dempsey ha all'incirca quarant'anni (ad oggi ne ha 53). Un Dempsey ben diverso dal Dottor Sheperd di Grey's Anatomy: più introverso, riflessivo, sofferente. Finalmente un ruolo che valorizza le sue doti. Interpretare Harry Quebert ha finalmente consacrato Dempsey come un bravo attore, distaccandolo dai meri ruoli di belloccio che ha interpretato (Come d'incanto della Disney)
Marcus lo interpreta Ben Schnetzer (Storia di una ladra di libri, Snowden), ventotto anni all'anagrafe, ventisei nella mini serie. Credibile e molto espressivo nell'interpretare "il formidabile" Marcus Goldman, giovane e tenace nel voler scoprire la verità di trentatré anni prima. 
Damon Wayans Jr. è il sergente Gahalowood, impegnato in un rapporto d'odio e di amicizia con Goldman. Secondo me anche per Wayans Jr. La verità sul caso Harry Quebert ha portato a una svolta: incastrato in ruoli comici come quello di Coach in New Girl ora si è dimostrato di essere anche un bravo attore drammatico.
Nola Kellergan è interpretata a Kristine Froseth, che sicuramente vedremo in molte prossime produzioni. 
La scelta del cast è eccellente: è formato da attori molto bravi, che vengono sostituiti o invecchiati al giorno d'oggi, rispetto agli eventi accaduti nel 1975. La drammaticità insita in ogni personaggio è resa alla perfezione. 
Come avrete capito ho adorato questa mini serie. Caso raro per me amare una trasposizione televisiva o cinematografica tratta da un libro che ho adorato. Vi consiglio comunque di leggerlo: le atmosfere create da Dicker, gli insegnamenti di Harry a Marcus che sono l'incipit di ogni capitolo, i pensieri di Marcus che accompagnano costantemente il lettore dato il libro narrato in prima persona sono coinvolgenti e creano un'opera stupenda.



domenica 24 marzo 2019

Il film del martedì: The Social Network

"Come non hai mai visto The Social Network?!"
E fu così che Big G decise in un lampo il film da vedere quel martedì sera.
The Social Network (id., 2010) narra di come Mark Zuckerberg (Jesse Eisenberg, Batman v Superman: The Down Justice, Now You See Me) abbia creato Facebook, e di come si siano deteriorati nel tempo i rapporti con i suoi amici e collaboratori.
La sceneggiatura è tratta dal libro di Ben Mezrich Miliardari per caso - L'invenzione di Facebook: una storia di soldi, sesso, genio e tradimento. Dopo una delusione sentimentale Mark crea insieme ai suoi amici nerd tra i quali Eduardo (Andrew Garfield, The Amazing Spiderman) un data base delle ragazze di Harvard con foto e nomi, nel quale gli uomini potevano votare quale preferivano. Dopo questa bravata viene ripreso dal rettore e ingaggiato dai gemelli Winklevoss (entrambi interpretati da Armie Hammer, The Lone Ranger) e dal loro amico e collega Divya Narendra (Max Minghella, The Handmaid's Tale, Le idi di Marzo) per creare un sito dove interconnettere gli studenti di Harvard.
Mark crea invece The Facebook, sito dove ognuno crea il proprio profilo e si connette con quello dei suoi amici, aperto prima ai soli studenti di Harvard e poi, come ormai sappiamo, a tutto il mondo.
The Facebook ha un enorme successo e Mark crea una società insieme ad Eduardo, responsabile finanziario, che crescerà nel tempo. Tra soldi, fama, successo, donne l'amicizia dei due andrà in mille pezzi, anche grazie allo zampino di Sean Parker (Justin Timberlake, In Time, Amici di letto), creatore di Napster che fiuta l'affare e trova grossi finanziatori per la piattaforma, sostituendosi ad Eduardo.
Jesse Eisenberg ha interpretato un ruolo non facile: il suo Zuckerberg è un genio, a tratti disadattato e incapace di avere normali relazioni sociali (uno Sheldon Cooper ante litteram). A volte lo prenderesti a schiaffi per come si comporta, altre volte vorresti fargli capire quanto il suo punto di vista non sia l'unico al mondo.
Ho riscoperto un Justin Timberlake interessante: l'avevo apprezzato in In Time ma penso che in The Social Network abbia dato il meglio di sè come attore. Il suo Sean Parker è uno sbruffone antipatico, pieno di sè, che porta solo guai. Lo ha interpretato alla perfezione, le sue movenze, la sua espressività ci dicono molto del personaggio. 
L'innovazione di un biopic come questo è sicuramente il metodo narrativo: nel presente Zuckerberg ha in corso due cause milionarie, una contro Eduardo e l'altra contro i gemelli Winklevoss e il passato che vi ho sopra descritto è narrato tramite dei flashback.
Quello che mi è piaciuto di questo film è proprio questo metodo narrativo, che gli ha dato un buon ritmo e non l'ha reso affatto noioso.
Alla fine del film vediamo come i milioni di dollari, i migliaia di amici su Facebook e la fama non possano sostituirsi agli amici reali e all'amore vero. Zuckerberg resta una persona sola, che pensa ancora alla fidanzata che l'ha lasciato e non può fare a meno di ferire gli altri.
Se come me non avevate mai visto questo film recuperatelo e guardatelo: ve lo consiglio!




sabato 16 marzo 2019

Il film del martedì: Il diavolo veste Prada

Tra i film in elenco da vedere con T. e Big G c'era anche Il diavolo veste Prada (The Devil Wears Prada, 2006). Chiaramente per decidere cosa vedere quel martedì sera ci abbiamo impiegato una buona mezz'ora ma alla fine abbiamo optato per un film leggero e divertente, almeno per me e Big G. Povero T. che si deve sorbire le nostre scelte...
Ho letto il libro da cui è tratto il film diversi anni fa e mi era piaciuto più del lungometraggio stesso, come spesso accade, e rivedere la pellicola dopo più di un decennio è stato surreale, soprattutto perché Big G ne conosce le battute quasi a memoria. 
La trama è semplice: la giovane Andy Sachs (Anne Hathaway, Ocean's 8, Rachel sta per sposarsi) cerca lavoro come giornalista e viene assunta come seconda assistente della temuta e famosissima Miranda Priestly (Meryl Streep, La mia Africa, The Post, Into the Woods e altre decine di film), direttrice della rivista di moda Runway
Andy di moda non ne sa nulla, anzi la ritiene una sciocchezza, ma cambierà presto idea.
Essere la preferita di Miranda per essere portata a Parigi alla settimana della moda è la missione di Emily (Emily Blunt, Il ritorno di Mary Poppins, Into the Woods), prima assistente, che suo malgrado verrà sostituita da Andy che nel frattempo perderà se stessa, i suoi affetti e i suoi ideali. 
Chiaramente Big G parteggia per Miranda: come può una che non sa nulla di moda, che non ne è minimamente interessata, che non sa cosa siano un paio di Jimmy Choo, voler lavorare per Runway?! Come fa a non prendere sul serio il suo lavoro?! 
Le battute contro Andy si sono diffuse per tutta la prima parte del film, finché non inizia a capirne qualcosa.
La scena migliore del film è senza dubbio quella in cui Miranda insegna ad Andy che il maglioncino da grandi magazzini che lei indossa deriva da idee di grandi stilisti di moda e dalla scelta di portare su Runway tali capi di abbigliamento. A questo punto Big G è esploso in un'ovazione pro Miranda.  Non poteva essere altrimenti. Andy svegliatiiiiii!
Impegno, guardare le cose da un altro punto di vista, smettere di piangersi addosso. Questo lo fa solo con l'aiuto del nostro personaggio preferito, cioè Nigel (Stanley Tucci, Il caso Spotlight, Hunger Games, Slevin Patto Criminale), che le insegna qualche trucco e la rifornisce di vestiti firmati bellissimi. Qui mi sono persa tra scarpe, stivali, collane e abiti. T. e Big G hanno scosso la testa perché sapevano che la mia domanda, a fine film, sarebbe stata: "Quando andiamo a fare shopping?".
Tra apparizioni di Valentino, Heidi Klum (che interpretano se stessi), Gisel Bundchen il film scorre liscio senza colpi di scena (o almeno non sono per niente inaspettati) e diventa più godibile per le battute di Big G e il suo tifo pro Miranda e Nigel. 
Insomma un film leggero che sicuramente le ragazze avranno visto e che se lo riguarderete vi verrà sicuramente voglia di guardare un po' di vetrine e di sognare di poter indossare quegli abiti che possono arrivare a costare quanto i guadagni annui di una persona normale!



giovedì 7 marzo 2019

Il film del martedì: Slevin

Inizia da oggi una nuova rubrica: "Il film del martedì". 
Più o meno ogni martedì io (M.), T. e Big G ci incontriamo per vedere un film. La cosa è nata per vedere insieme le ultime stagioni di House of Cards, in quanto Big G non è abbonato a Sky e quindi ci veniva a trovare per vedere l'amata serie tv, con uno degli attori viventi più bravi, Kevin Spacey (ma di lui parleremo un'altra volta).
Finita la stagione del momento entravamo tutti in crisi d'astinenza e così abbiamo continuato a vederci per cenare insieme e cercare di riempire quel vuoto con dei film. Ovviamente ci siamo riusciti. 
In questa rubrica voglio quindi raccontarvi le nostre serate. Inizio dalla penultima.. 

Solitamente è Big G a venire da noi, ma ogni tanto parte l'invito di andare in Borgo da lui, solitamente accompagnato da un "Stasera cucino io!" Dovete sapere che Big G è un single che vive più o meno da solo e che abbiamo scoperto essere un cuoco eccellente. Due sono i suoi piatti forti ai quali non si può resistere: il pollo al curry e il plum cake. 
Arrivato l'invito accompagnato dallo sperato menù ci lecchiamo i baffi e ci prepariamo ad andare da lui. Ci aspetta alle 19.00, così da cenare presto e vedere un film lungo (il giorno dopo si lavora, la sveglia è prima delle 7.00 e non abbiamo più vent'anni anche se solitamente dichiaro il contrario). Ovviamente arriviamo dopo le 19.30 e il menù ha subito un'interessante variazione: cosce di pollo al forno con aperitivi e antipasti. Del plum cake neanche l'ombra. 
C'era però un piccolo problema: il pollo non era ancora cotto, serviva ancora una mezz'oretta. Iniziamo quindi a cenare un'ora dopo, alle 20.30, e l'idea del film lungo passa come sempre a un martedì dopo. 
La decisione su quale film vedere tra quelli a disposizione su Netflix, dvd o Blu-ray inizia già durante gli aperitivi, ma come capita sempre è più il tempo per decidere cosa vedere che la durata del film stesso. "M, fatti una lista di film da vedere!" direte voi. Credete che io sia così sprovveduta? La mia scrupolosa lista si alimenta sempre di più ma dovreste sapere che per vedere certi film bisogna essere d'umore. Sto ancora cercando di convincere Big G a vedere un film del Maestro Alfred Hitchcock... 
La scelta cade su un film tanto amato da Big G, già visto da tutti: Slevin - Patto Criminale (Lucky Number Slevin, 2006) con il mitico e intramontabile Bruce Willis. 
Parte quindi il film con la mossa Kansas City, facendoci sorridere perché il povero ragazzo sullo schermo non sa ancora quello che gli capiterà.
Il film inizia così, con un cadavere fresco di rottura del collo e un giovane Josh Hartnett (Black Dahlia, Penny Dreadful, Sin City) nel ruolo di Slevin che con indosso un solo asciugamano viola viene ingaggiato dal Boss (Morgan Freeman, Seven, A spasso con Daisy) uno dei più pericolosi criminali di New York City per uccidere il figlio del suo rivale il Rabbino (Sir Ben Kingley, Gandhi, Schindler's List). Questo ingaggio è tutto fonte di uno scambio di persona perché si pensa che Slevin sia certo Nick, che ha dei debiti di gioco sia con il Boss che con il Rabbino, dal quale viene a sua volta incaricato di uccidere il Boss. 
Slevin viene aiutato dalla vicina di Nick, Lindsay (Lucy Liu, Kill Bill volume 1, Elementary) ma sembra che Mr. Goodkat (Willis) voglia morto il malcapitato. Ma in questo film nulla è come sembra e se lo avete visto sapete già come va a finire... L'odio ha radici profonde e la vendetta può diventare la ragione di vita di una persona... 
Come vi dicevo il film l'avevamo già visto più volte, quindi i dialoghi dei personaggi erano interrotti dai nostri commenti su trama, nasi rotti, uccisioni e "Non me lo ricordavo!". 
Cresciuti con Bruce Willis che ha da sempre incarnato il ruolo dell'eroe che finisce in canottiera (sporca lurida, dalla saga di Die Hard) fa sempre piacere vederlo in un ruolo diverso, da cattivo (con l'anima però). Il suo modo di ammiccare e di interpretare un ruolo con il Boss e il Rabbino ce lo rende ancora più simpatico. Nonostante sapessimo già come sarebbe finito facevamo il tifo per lui e anche per Slevin, picchiato più volte da chiunque. 
Tra un picchiatore e l'altro abbiamo identificato Corey Stoll, alias Peter Russo in House of Cards, che ci ha fatto esplodere in un "Ohhhhhh", ricordandomi subito che anche qui non fa una bella fine...
SPOILER ALERT!
Slevin è un film che, come Inception, ha un inizio che non sembra collegato al film ma che in realtà ne è il fulcro. Ricordatevelo, perché è proprio la mossa Kansas City di cui parla Mr. Goodkat.



martedì 5 marzo 2019

The Umbrella Academy



Su Netflix spopola la serie tv The Umbrella Academy (id., 2019), di Jeremy Slater tratta dal comics di Gerard Bay (cantante dei My Chemical Romance) e Gabriel Bá: The Umbrella Academy - The Apocalypse Suite.
Il fumetto è molto diverso dalla serie tv: invariati rimangono i nomi dei personaggi e i loro poteri, ma la storia, se escludiamo l'imminente fine del mondo, differisce parecchio.
In breve la trama narra di sette bambini, nati nello stesso giorno da madri diverse che al mattino non erano incinta, che vengono adottati da Sir Reginald Hargreeves (Colm Feore, La verità sul caso Harry Quebert a fine mese su Sky), eccentrico milionario. Questi non li cresce con affetto come veri figli, ma come dei supereroi con una dura disciplina e dei numeri al posto dei nomi. 
Anni dopo diventati adulti si riuniscono per i funerali di Sir Reginald, dimostrando quanto siano dei disadattati con notevoli problemi relazionali. Uno dei fratelli, Ben (Justin H. Min), è morto ma Klaus (Robert Sheehan, Macchine mortali, Shadowhunters - Città di ossa) lo vede costantemente in quanto il suo potere è quello di mettersi in contatto con i morti (quando non è ubriaco o fatto) e una è stata allontanata dalla famiglia per aver scritto un libro sulla loro infanzia. Questa è Vanya (Ellen Page, Juno, Inception), che all'apparenza non ha poteri ma solo una grande passione per il violino.
Ritornando dal futuro con le sembianze di un bambino di dieci anni, Numero Cinque (Aidan Gallagher) avverte gli altri che la fine del mondo è vicina e che devono cercare di evitarla. Tra assassini che viaggiano nel tempo quali Cha-Cha (la cantante Mary J. Blige) e Hazel (Cameron Britton), violenza e tanti non detti la serie continua per dieci episodi, lasciando un finale aperto che ci fa presumere (e attendere) una seconda stagione.
Partito un po' a rilento il primo episodio, ho continuato a vederla e mi ha appassionata, incuriosendomi a tal punto da leggere il fumetto. Devo dire che è una delle rare volte che ciò che è stato ricreato per il piccolo (o grande) schermo mi è piaciuto di più dell'opera da cui è tratto, complici gli interpreti che hanno dato vita ai personaggi.
Prendiamo ad esempio Vanya: pensa di essere "normale", cioè senza poteri, e questo l'ha portata a essere mediocre in tutto quello che fa, non si crede abbastanza brava, bella, intelligente. La recitazione della Page, con un'espressività quasi assente inizialmente, ci fa pensare allo squallore della sua esistenza, al fatto che non le basta avere avuto l'affetto dei fratelli, perché l'ha distrutto pubblicando un libro con i loro segreti. Il voler essere qualcuno l'ha condotta ad essere quasi un fantasma e il suo incedere e i suoi movimenti ne sono uno specchio. Solo quando riceve delle attenzioni da parte di Leonard (John Magaro) inizia a guardarsi con occhi diversi.

Altro interprete molto bravo è Aidan Gallagher: il suo Numero Cinque è un vecchio di circa sessant'anni incastrato nel corpo di quando ne aveva dieci. Solo così è riuscito a tornare indietro dal futuro per cercare di stravolgere il destino dell'umanità. Dalla recitazione di Gallagher emergono chiaramente la consapevolezza e la conoscenza che va oltre quella di un bambino, insieme anche agli omicidi commessi per ordine della Commissione (per cui lavorano anche Cha-Cha e Hazel). Ogni volta che compare sullo schermo vestito con la divisa della Umbrella Academy sappiamo che Numero Cinque è un adulto. 
Quello che a mio avviso manca nella serie è un approfondimento delle imprese dei membri della Umbrella Academy quando erano giovani. Qualche scena in più avrebbe approfondito maggiormente i personaggi e dato maggior spessore al contesto, che a primo acchito stravolge in quanto non si capisce bene dove e in che universo sia ambientata la serie. Si dice infatti che i bambini sono nati nel 1989 e chiaramente hanno all'incirca trent'anni, ma non è esattamente il nostro mondo: non ci sono cellulari ma cabine telefoniche, i computer sono solo in biblioteca e sono piuttosto vecchi, le auto non sono così moderne come dovrebbero essere. Sicuramente il fatto che casa Hargreeves ha uno scimpanzé come maggiordomo e una mamma robotica non ha aiutato nel primo impatto con l'ambientazione. Ma basta guardare un paio di episodi per abituarsi.

Interessante è la scelta stilistica di come è stata usata la musica: non parlo delle composizioni classiche suonate da Vanya ma delle canzoni che in certi momenti diventano quasi protagoniste della scena. Non solo il ballo tra Luther (Tom Hopper, Il trono di spade) e Allison (Emma Raver-Lampman), ma le scene importanti sono sempre accompagnate da una canzone, che si stacca dai suoni di accompagnamento degli episodi, diventando preponderante.
In attesa della seconda stagione e di leggere il sequel del fumetto, cioè The Umbrella Academy - Dallas, fatemi sapere se vi è piaciuta la prima stagione.