martedì 4 febbraio 2020

Virgin River

da imdb.com

Netflix sta diventando molto prolifica nel produrre serie tv. 
Virgin River è una delle ultime uscite, ambientata in questo paese sperduto sulle montagne, dove arriva Melinda Monroe (Alexandra Breckenridge, This is Us, The Walking Dead). Infermiera specializzata e ostetrica, Melinda è scappata da Los Angeles per cambiare vita. Ma non è così facile ambientarsi a Virgin River, soprattutto se il medico che deve affiancare, Doc Mullins (Tim Matheson, The West Wing, Animal House), è contrario alla sua presenza. 
Assunta dal sindaco Hope (Annette O'Toole, Smallville, Superman III) viene presa sotto la sua ala protettrice e grazie a Jack Sheridan (Martin Henderson, Grey's Anatomy), ex marine ora gestore dell'unico pub del paese, inizia ad ambientarsi e a guarire dal suo pesante passato.
A metà tra Grey's Anatomy e Everwood, i drammi personali e familiari si
da imdb.com
mescolano con i casi medici, che diventano un incipit per un'analisi sociale più approfondita. 

I personaggi di contorno sono molti, dal cuoco Preacher (Colin Lawrence, Riverdale, The Good Doctor) all'inquieto Brady (Benjamin Hollingsworth, Code Black, Un uomo tranquillo), dalla parrucchiera Charmaine (Lauren Hammersley, Mr.D) al pericoloso Calvin (David Cubitt, BH90210).
Interessanti con un passato e una personalità, i personaggi sono tutti da sviluppare. La serie infatti è composta da 10 episodi e si capisce che quello che abbiamo visto è solo la punta dell'iceberg.
La seconda stagione è già in produzione e dalla fine della prima, chiaramente prevedibile e un po' scontata, può diventare interessante.
Mi aspettavo però un paesaggio più protagonista: tranne un paio di episodi poi rimane sullo sfondo, ma da una serie la cui protagonista abbandona il traffico di L.A. mi aspettavo qualcosa di più.
Non posso far altro che attendere la seconda stagione, sperando in sviluppi più inaspettati e in situazioni ancora più drammatiche, sperando in un po' di felicità per questa sfortunata infermiera.


lunedì 3 febbraio 2020

L'ora più buia

da imdb.com

Decine di film ci hanno mostrato la Seconda Guerra Mondiale, dai conflitti alla Shoah.
L'ora più buia (Darkest Hour, 2017) non ci mostra battaglie, morti, deportazioni ma ci mostra come un singolo uomo al comando abbia reagito e preso difficili decisioni nel maggio del 1940. 
Il protagonista assoluto del film è Winston Churchill, interpretato da un superbo Gary Oldman (La talpa, Dracula di Bram Stoker). E' seguito durante il suo instancabile lavoro dalla giovane segretaria Miss Layton (Lily James, Downton Abbey, Yesterday, Cenerentola), catapultata nel retroscena di questa drammatica guerra proprio quando, all'età di 66 anni, Churchill viene investito della carica di primo ministro. Dopo le dimissioni di Neville Chamberlain (Ronald Pickup, Marigold Hotel) il suo partito era scettico delle sue capacità. Solamente la moglie Clemmie (Kristin Scott Thomas, L'uomo che sussurrava ai cavalli, Il paziente inglese) crede in lui, perché perfino Re George VI (Ben Mendelsohn, Rogue One) preferirebbe altri rispetto a lui. Churchill è scorbutico, incute timore ma porta su di sé il peso del suo ruolo, con determinazione e coraggio.
Non più giovane, con un sigaro in bocca e whiskey o champagne in un bicchiere, Churchill nega fin da principio di poter siglare una pace con Hitler, andando contro al Visconte Halifax (Stephen Dillane, Stannis Baratheon de Il trono di Spade), caro amico del re. 
In quei drammatici giorni, mentre la Germania invade gli stati confinanti facendoli cadere uno dopo l'altro, le pressioni per un accordo di pace si fanno sempre più pesanti, così come la situazione dei 300.000 soldati bloccati a Dunkirk. Churchill deve decidere come agire...
Intenso, drammatico e attuale come non mai, L'ora più buia ci mostra come il volere di un popolo venga capito e diffuso da un aristocratico, che per quella
Winston Churchill e Gary Oldman nel film (Focus Features LLC)
nazione ha combattuto e ne ha poi deciso il destino.

Gary Oldman è così bravo che ti tiene incollato allo schermo fino all'ultima scena: il suo carisma e la sua fedele interpretazione di Churchill gli ha valso non solo il premio Oscar come attore protagonista, ma anche il BAFTA, il Golden Globe, il SAG Awards e diversi altri premi. 
Oldman ruba la scena a chiunque, dalla giovane Lily James all'affermata Scott Thomas. Riesce a trasmettere, grazie a una sceneggiatura ben scritta e a una rappresentazione dei fatti per niente noiosa, i sentimenti contrastanti dell'epoca: la paura, la voglia di combattere, la volontà di salvare i propri soldati, la voglia di non soccombere a Hitler ma anche la voglia di pace per salvare la propria nazione.
Un film arricchito di frasi ad effetto che descrivono esattamente la situazione ("Non si può ragionare con una tigre quando la tua testa è nella sua bocca", "Senza vittoria non può esserci sopravvivenza"), commuovendo e facendo prendere coscienza ancora di più della situazione drammatica del tempo.
Senza conoscere la storia siamo destinati a ripetere gli stessi errori.